Leggendo i numerosi post riportati nelle pagine dei vari social network che si riferiscono ai Granatieri di Sardegna appare evidente che l’uso degli stessi avviene senza che l’utente senta la necessità di far ricorso a quella moderazione e a quell’equilibrio che, invece, sarebbe opportuno, anzi doveroso, assumere come criterio guida, considerando la vastità della platea alla quale si finisce per rivolgersi…
È altrettanto evidente quale uso inappropriato (scriteriato forse rende meglio) venga fatto di documenti, fotografici in particolare, ignorando (volutamente?) le privative d’uso che accompagnano gli stessi.
È poi sconcertante – anche se, in ultima, ma proprio ultima istanza, si tende sempre ad applicare il “favor rei” -, vedere come chi riveste un qualsiasi ruolo di responsabilità nel contesto articolato dell’ANGS se ne dimentichi, con grande disinvoltura, e si induca, dileggiando l’interlocutore diretto, a dileggiare se stesso e la carica che elettivamente ricopre (e quindi anche i propri elettori)…
Certo – si consenta la divagazione non troppo peregrina -, se i “nostri”, tutti, fossero attivi nel proselitismo come lo sono nella paternità di molteplici e variopinti “siti” di comunicazione, non raggiungeremo certo le Penne Nere, ma qualche Alamaro in più forse lo porteremmo a casa.
In buona sostanza sembra prender piede la volontà di affrontare, esclusivamente sui social, le eventuali discordanze di pensiero, quando invece, a quanto mi consta, la sede naturale di confronto dovrebbe essere esclusivamente l’ANGS, che del resto non mi risulta, anche nella qualità di Vice Presidente Nazionale, abbia mai rifiutato ospitalità dialettica libera a nessuno!
L’impressione è che invece, purtroppo, si preferisca al lavare i panni “sporchi” – laddove ci fossero, ma non mi risulta – in casa, il passare dalla più vicina lavanderia a gettone, dando luogo a quel cicaleccio lavanderino dei bei tempi che furono, in riva al torrente o alla fonte appena fuori il paesello…
Amici miei, tutti carissimi, la maturità e la serietà di comportamento non sono certo collegabili all’anzianità, che però bisogna pur rispettare e alla quale bisogna essere riconoscenti, avendo la stessa tramandato alle varie generazioni i nostri Valori e le nostre Tradizioni.
E’ per questo che esistiamo e continueremo ad esistere.
Un esempio che viene ricordato in questi giorni è il comportamento del Magg. Felice D’Ambrosio, comandante del III battaglione del 1° reggimento Granatieri di Sardegna, durante le giornate dell’8 settembre, che seppe con il suo esempio tenere alto l’onore dei suoi uomini e dell’uniforme anche di fronte al plotone di esecuzione germanico.
Ecco cosa significa mantenere vivi e pulsanti i nostri valori nelle giovani generazioni, renderli capaci di affrontare con onore le avversità.
Amici, ancor più cari quelli che magari hanno un qualche magone in più, l’ANGS è, deve essere, e non può non essere, la Casa di vetro, comune a chiunque, per qualsivoglia periodo di tempo lo abbia potuto fare, abbia avuto sulla stoffa dell’Uniforme e, di conseguenza, nel seguito di vita, sulla propria pelle, i Bianchi Alamari!
E qui, permettetemelo, non posso non riconoscere gli sforzi fatti dall’ANGS in tal senso.
Mettiamo doverosamente un freno alla polemica social, che non mi sembra essere il modo corretto per affrontare con la dovuta serietà nessuna problematica, evitando così di ledere, sia pur, spero, involontariamente, la nostra specchiata immagine!
Proviamo per un momento a pensare a cosa avrebbe detto e fatto il Granatiere Gianfranco Chiti di fronte alla diaspora creatasi nel 2016 in seno all’Associazione. A questa domanda ciascuno di noi può trovare, se lo vuole, la risposta leggendo gli scritti dell’allora Ten. Chiti durante la sua prigionia.
E’ un nostro sacro dovere, da Granatieri, di mantenere viva e indelebile tra noi la Sua presenza, ed i Valori dei quali è stato e si è fatto portatore, ispirandoci sempre al Suo comportamento, ed evitando così di limitarsi al semplice ricordo, che a volte pur si appanna, riaffermando l’orgoglio dell’appartenenza all’ANGS, e dell’essere un tutt’uno con coloro che hanno indossato nel tempo gli Alamari.
Gli stessi che liberamente hanno scelto di tramandare i valori e le tradizioni del Corpo, nel rispetto delle regole associative, liberamente volute, essendo le stesse frutto di una condivisa scelta di comportamento e di vita.
Vi ripeto, il magone elidiamolo in casa ANGS, negli organi della stessa, e non diamolo in pasto al colto ed all’inclita, in particolare a quest’ultimo, che non sa nulla della Nostra Storia e dei Nostri Valori.
Ritengo doveroso condividere questa riflessione con i Granatieri tutti.
Agli stessi un saluto, alla Chiti, per chi ha l’onore di ricordarlo, avendo, come me, servito sotto il Suo comando…
Luigi Gabriele
Granatiere di Sardegna